Il rapporto tra l’uomo e il cibo non è risolvibile con il semplice nesso bisogna mangiare per crescere/vivere, dunque cibarsi è il risultato di una molteplicità di fattori soprattutto di natura affettiva e relazionale.
L’inizio del rapporto tra il cucciolo dell’uomo ed il cibo avviene sempre dentro una relazione fusionale con la madre, sia che il bambino venga allattato al seno, sia che si ricorra al biberon: il piacere del cibarsi nasce per il bambino tra le braccia amorevoli della sua mamma, insieme all’odore del suo corpo ed al battito del suo cuore, è dunque uno dei momenti di massima realizzazione per la costruzione del legame tra la mamma ed il bambino poiché lo aiuta a rivivere l’esperienza fusionale, e nello stesso tempo, lo sostiene nella sua piccola autonomia. La suzione spontanea è la prima manifestazione di autonomia del bambino, della sua avvenuta separazione.
Le capacità di autoregolazione e i ritmi personali dei bambini devono pertanto essere riconosciuti e rispettati, ed è osservando i loro comportamenti e assecondando le loro tendenze che i genitori potranno aiutarli a stabilizzare anche i ritmi alimentari, senza imposizioni. L’essenziale in questo caso è saperli ascoltare e saperne riconoscere e differenziare i segnali: se il bambino piange, ad esempio, non è necessariamente perché ha fame; se invece si risponde a questi segnali sempre attraverso il cibo, dandogli la pappa, innanzitutto non lo si aiuterà a riconoscere e a differenziare le proprie sensazioni interne, e in secondo luogo non si riuscirà a fornirgli la risposta e l’aiuto di cui ha bisogno per ritrovare l’equilibrio e il benessere.
Le madri a poco a poco dovrebbero imparare a vedere le cose dal punto di vista del bambino, tollerando anche l’attesa nell’incertezza mentre cerca di interpretarli, di dargli un significato.
L’ascolto attento e sensibile senza imposizioni permetterà al piccolo di cominciare a dare il corretto significato alle differenti sensazioni interne, aiutandolo anche nella sua autoregolazione
verso il cibo.
Il momento dell’alimentazione è importante non solo dal punto di vista della nutrizione, ma anche e soprattutto da quello della relazione, dal momento che costituisce un’occasione di stretto
contatto tra il piccolo e la madre e favorisce quindi la creazione di un buon legame di attaccamento.
L’introduzione delle prime pappe rappresenta un importante tappa di crescita per i bambino: può stare seduto nel seggiolone e guardare in viso chi gli offre del cibo; il primo incontro con cibi solidi rappresenta per il piccolo una grande novità e può non piacergli, abituato com’era all’assunzione del latte; è questo un momento delicatissimo dove l’adulto deve rappresentare la fiducia nel fatto che il bambino possa farcela ad assaggiare il nuovo cibo, accettando eventualmente i primi rifiuti e continuando in serenità a proporre il cibo solido. L’adulto deve ricordare che il passaggio dal latte al cibo solido significa riconoscere che il bambino sta crescendo e nella sua crescita va sostenuto, dunque bisogna credere in lui e se non mangia la prima volta pensare che mangerà la prossima!
E’ molto importante che la pappa venga proposta quando i bambini hanno veramente fame, né troppo prima né troppo dopo , poiché i bambini così piccoli non sono in grado di tollerare la frustrazione della pappa. Se il bambino vuole toccare la pappa con le sue mani deve poterlo fare, così inizierà a familiarizzare con il cibo e sarà più propenso ad assaggiarlo. Sia che si tratti di pastina con il pomodoro o di formaggi morbidi o di frutta i bambini devono poter pasticciare con le mani e anche sporcarsi la faccia e la testa. Agli adulti tocca avere pazienza e comprendere che attraverso questo toccare il bambino si conferma voler essere sempre più protagonista della sua crescita.
Verso il 9-10 mesi il bambino inizia a dimostrare interesse non solo per il cibo nel piatto ma anche per il cucchiaio con cui lo si imbocca e può succedere che rifiuti di essere imboccato volendo farlo da solo: non è ancora in grado ma ancora una volta la sua spinta ad essere autonomo va sostenuta, offrendo a lui un piatto con una porzione di cibo e un cucchiaino e nello stesso tempo avendo noi un piatto da cui proporgli cibo con un altro cucchiaino, accompagnando anche con parole incoraggianti i suoi tentativi; ci vuole molta pazienza e la consapevolezza che solo permettendo al bambino di crescere anche a tavola il suo rapporto con il cibo sarà sano, viceversa presi dalla preoccupazione di nutrirlo si finisce per trattarlo come un recipiente da riempire. Certamente per agevolare la conquista delle abilità di coordinazione necessarie a portare il cucchiaio alla bocca, nei momenti di gioco gli si possono dare cucchiai e ciotole con cui esercitarsi. Una nota importante riguarda la quantità di cibo da offrire ai bambini quando si propone loro di assaggiare un nuovo piatto: nel piatto va messa una piccola quantità così che i bambini non si sentano frustrati e inadeguati di fronte alla nuova proposta.
Inoltre nella proposta di nuovi sapori non dobbiamo dimenticare che i bambini capiscono benissimo se l’alimento a loro proposto è gradito o meno anche all’adulto, dunque nessuno stupore se a casa non vogliono il pesce che a voi non piace e magari al nido lo mangiano: i bambini ci dimostrano empatia anche in questo e vanno rispettati.
Dal secondo anno di vita il bambino comincia a differenziare la madre dal cibo, passando dal primo rapporto con la madre-nutrimento, che facilita la sua regolazione, ad uno stato di maggiore organizzazione personale e ad una condizione di maggiore autonomia, anche nella scelta di cosa, quando e quanto mangiare, ed è proprio in questi momenti che, in molti casi, iniziano in famiglia le preoccupazioni per il corretto equilibrio alimentare e le battaglie per una “corretta alimentazione”. E’ il periodo ad esempio delle lotte per far mangiare al bambino le verdure, quello delle infinite contrattazioni sulla quantità di dolci permessi, quello del “dai, fai il bravo, mangia”, del “basta mangiare quelle schifezze”, “devi finire tutto quello che hai nel piatto!”, “mangia questo che diventi grande”, e così via.
Il cibo non deve essere associato a nient’altro se non alla fame, o di introdurre severe limitazioni di certi cibi (“Solo una caramella, non di più”) perché questo non farà altro che renderli
speciali, e quindi ancor più desiderabili. Ogni alimento dovrebbe essere considerato alla stregua degli altri: solo in questo modo, rendendoli tutti sempre disponibili al bambino, lo si renderà
in grado di compiere la sua scelta sulla base del proprio appetito e delle proprie esigenze piuttosto che sulla possibilità di approfittare della presenza di un alimento che solitamente è
proibito o comunque razionato.
Mentre alcuni bambini che rifiutano il cibo in realtà stanno “lottando” per riuscire ad autogestirsi, ed utilizzano il cibo per esprimere rifiuto ed ostilità nei confronti di genitori possessivi
ed iperprotettivi, che non concedono loro autonomia ed indipendenza, altri rifiutano il cibo semplicemente perché in quel momento non sono affamati, o perché non è quello l’alimento di
cui sono affamati.
Ancora una volta, imparare a “leggere” il significato di un comportamento prima di agire permetterà di farlo nel modo più adatto.
Evitiamo di dare quindi al pasto un’enfasi eccessiva, a tavola non tiranneggiamo i bambini drammatizzando i loro rifiuti, imponendogli l’assunzione di alimenti non graditi, costringendoli a pasti
interminabili, ma evitiamo anche che loro tiranneggino noi adulti catturando tutta la nostra attenzione e sollecitudine durante il pasto, facendosi preparare cibi diversi come conseguenza di ogni
rifiuto, costringendoci ad inventare giochi, filastrocche e mille peripezie per farli mangiare.
Adottare stili alimentari variati, non monotoni, stimolare non solo il gusto ma anche la vista, l’olfatto e il tatto del bambino, proponendogli anche soltanto di assaggiare un boccone di un cibo
nuovo, permetterà con il tempo ai genitori anche di educarne il gusto purché, come già detto, siano pazienti, pronti a ricevere rifiuti, e evitino l’insistenza che produrrebbe solo un rifiuto più
ostinato. Per stimolarlo maggiormente, proponete alternative, anche quando il bambino vuol mangiare sempre solo un alimento, lasciando poi a lui la possibilità di decidere (“Puoi mangiare solo
biscotti se vuoi, in casa però ci sono anche i cereali, la frutta, lo yogurt…”).
Per rendere più piacevole il momento del pasto è possibile inoltre farsi aiutare a preparare la tavola o i cibi, coinvolgere i figli nella scelta di questi, non insistere troppo per farli mangiare ma piuttosto farli passare direttamente al pasto successivo e, soprattutto, ricordare sempre che in questa occasione condividere con loro il tempo e l’attenzione è tanto importante quanto condividere il cibo.
Anche nel caso dell’alimentazione, come in ogni altro campo dell’educazione, regole e limiti chiari e ben definiti, così come coerenza tra i diversi membri della famiglia, sono indispensabili e,
sebbene combattuti dai bambini, sono per loro rassicuranti, indice che c’è qualcuno che si cura di loro e si assume la responsabilità di fare loro da guida. Sarà quindi possibile chiedere ad
esempio al bambino cosa preferisce mangiare, ma stabilire che una volta cucinato quel piatto non è possibile cambiare idea e farne cucinare un secondo, oppure permettere al bambino di acquistare
al supermercato ciò che desidera, ma non più di un prodotto fuori dalla lista della spesa della mamma.
Insegnare dunque ai propri figli ad ascoltarsi di più ed imparare ad ascoltare le loro richieste, fidandosi di loro e lasciando loro maggiore autonomia senza cadere nella totale anarchia.