Poco dopo la schiusa, dei piccoli anatroccoli seguivano un uomo come se fosse la loro madre. In un famoso esperimento il noto etologo Konrad Lorenz dimostrò che gli anatroccoli erano predisposti
a seguire la prima figura in movimento che appariva loro nell’arco delle 48 ore, successive alla schiusa, ricercandone attivamente la presenza e indirizzandogli le richieste di accudimento.
Negli esseri umani accade qualcosa di simile: anch’essi infatti ricercano e mantengono la vicinanza con un adulto di riferimento, il cosiddetto caregiver, innescando una serie di comportamenti di
attaccamento.
Bowlby, uno dei massimi studiosi della teoria dell’attaccamento, sostiene che in ogni essere umano è presente un sistema innato di schemi comportamentali che deriva dalla selezione naturale in grado di aumentare le probabilità di sopravvivenza del bambino. Nell’ambiente in cui vivevano i nostri antenati questo sistema garantiva ai piccoli la protezione dai pericoli da parte del caregiver. Tale sistema è definito attaccamento. Specularmente, sempre a livello innato, nell’adulto di riferimento è presente un sistema di accudimento che fa si che il caregiver accudisca e protegga proprio la sua prole aumentandone la possibilità di sopravvivenza e quindi il perpetrarsi dei propri geni.
Il sistema dell’attaccamento si caratterizza per alcuni aspetti che lo rendono unico e speciale.
Innanzitutto vi è il desiderio di stabilire un contatto di vicinanza con il caregiver perché questo è in grado di fornire sicurezza e protezione a tal punto che quando non è
disponibile, il bambino percepisce la cosiddetta ansia da separazione. Infine l’adulto di riferimento ha un ruolo importante nel sostenere il bambino nell’esplorazione dell’ambiente
circostante favorendone la sua autonomia. Esso infatti viene definito “base sicura” dal momento che il bambino ha appreso che può allontanarsene per esplorare e conoscere ciò che lo
circonda, ma che, in caso di pericolo, sa che può ritornare da esso per essere protetto e confortato. Tuttavia i pericoli che il bambino percepisce non sono necessariamente
reali, ma anche immaginari. Questo spiega perché in alcune circostanze (che per l’adulto sono prive di pericoli), il bambino metta in atto una serie di comportamenti per ricercare attivamente il
contatto e quindi la protezione del caregiver come per esempio l’aggrapparsi o il piangere.
Lo sviluppo dell’attaccamento nei bambini avviene in quattro fasi:
Durante le ultime fasi dello sviluppo dell’attaccamento il bambino sviluppa una serie di modelli operativi interni riguardanti sé stesso, la madre e la relazione con essa. In pratica qualora la madre sia disponibile alle richieste del bambino il piccolo si considererà degno di attenzioni e fiducioso di ricevere aiuto. Al contrario invece in presenza di caregiver scostanti nella relazione e poco supportivi il bambino si considererà poco degno di amore e poco fiducioso di ricevere un aiuto esterno in caso di bisogno, pensando di dover contare solamente sulle proprie forze.
Questi modelli sono particolarmente importanti perché andranno a delineare le relazioni future in età adulta.
Scritto dalla Dott.ssa Mara Giani e dalla Dott.ssa Chiara Cicchese