Il gioco d'azzardo patologico

Scritto dalla Dott.ssa Mara Giani con la collaborazione della Dott.ssa Chiara Cicchese

Il fenomeno del gioco d’azzardo in Italia, stando ai dati riportati dalla Camera dei Deputati, è molto esteso ed in continua espansione. Infatti nel 2012 sono stati spesi in Italia circa 88 miliardi di euro facendo raggiungere allo stato la terza posizione al mondo, e la prima nell’Unione Europea, per denaro speso nel gioco d’azzardo. Queste cifre portano ad avere circa 1 milione di giocatori patologici ai quali si aggiungono altri 3 milioni di persone che si trovano in una condizione di alto rischio di diventare essi stessi giocatori patologici.
Storicamente il gioco d’azzardo ha interessato molte culture nel corso dei secoli, pensiamo ad esempio ai Romani che scommettevano sui combattimenti dei gladiatori o ai germani che arrivavano a mettere in gioco la famiglia e la propria libertà personale.
Riprendendo il pensiero di Croce e Zerbetto, che da anni si occupano di gioco d’azzardo, ritengono che ne sia cambiato il giudizio che se ne dà passando da uno prettamente religioso (il gioco d’azzardo è peccato), ad uno giuridico (giocare è reato), ad uno medico (giocare in modo compulsivo è una malattia).

Nel corso degli ultimi anni si è assistito ad una esplosione del gioco d’azzardo in Italia: sono stati introdotti nuovi giochi e soprattutto un nuovo modo di giocare che facilitano comportamenti problematici. Il gioco oggi è disponibile 24 ore su 24 e in ogni luogo (pensiamo ai giochi online ad esempio), è diventato solitario e maggiormente disponibile a tutte le fasce della popolazione diventando così un fenomeno trasversale e non più di nicchia.

Il DSM V ha modificato l’approccio col quale in passato identificava il gioco d’azzardo patologico che veniva considerato un disturbo legato al controllo degli impulsi; oggi invece viene classificato fra i “Disturbi correlati a sostanze e disturbi da addiction” dove troviamo anche l’abuso di sostanze perché con essi il gioco d’azzardo patologico condivide l’attivazione immediata della sensazione di piacere.
Il DSM V, nel porre diagnosi di gioco d’azzardo patologico, identifica i seguenti elementi come caratteristici di questo comportamento problematico.

Chi gioca:

  • necessita di quantità crescenti di denaro per ottenere l’eccitazione desiderata;
  • è irrequieto o irritabile se cerca di ridurre o smettere di giocare;
  • è spesso preoccupato dal gioco avendo pensieri persistenti legati a come trovare il denaro necessario o ripensando alle esperienze passate di gioco;
  • spesso lo fa quando si sente a disagio;
  • cerca di “rincorrere” le perdite: dopo aver perso continua a giocare per cercare di recuperare il denaro perso aumentando le perdite;
  • capita che dica bugie riguardo all’entità del coinvolgimento nel gioco;
  • mette a repentaglio le relazioni significative o il lavoro;
  • ricerca spesso gli altri per procurarsi il denaro necessario ad appianare i debiti.

Chi è portatore di questo disturbo spesso ha delle distorsioni cognitive come il credere di avere il controllo su eventi prettamente casuali o il negare tenacemente certe situazioni spiacevoli. A questo sia aggiungono stati depressivi, sentimenti di colpa e condotte suicidiarie in alcuni, mentre in altri soggetti predominano l’impulsività e la competitività.

Custer ha messo a punto un modello evolutivo formato da 7 tappe. Lo studioso ritiene che i giocatori patologici attraversano queste fasi (ognuno con modalità e tempi diversi) per arrivare ad una remissione del sintomo. Il suo modello viene diviso in due momenti: “discendente” e “della risalita”. Più nello specifico le tappe individuate da Custer sono:

  • Fase vincente: il giocatore vince di frequente e si infonde in lui la sensazione di essere un bravo giocatore. Il gioco viene visto come un diversivo e fonte di piacere, oltre che in grado di aumentarne l’autostima percepita.
  • Fase perdente: le perdite iniziano ad essere massicce e si innesca il meccanismo delle rincorse delle perdite descritto in precedenza. Compare la negazione del problema, aumentano i problemi familiari e il nervosismo.
  • Fase della disperazione: è un acuirsi della fase precedente. Il tutto assume dimensioni gigantesche e continua a giocare, benché sia consapevole che continuerà a perdere, ma lo fa per sentirsi meglio, per il piacere che gli dà il gioco.
  • Perdita della speranza: sono possibili atti illeciti per procacciarsi il denaro, totale rottura dei legami familiari e possibili pensieri suicidiari.

Arrivati a questo punto, magari messi alle strette dal coniuge, o per una presa di coscienza personale le persone accettano di essere aiutate e ha inizio la fase della risalita.

  • Fase critica: vi è una sincera richiesta d’aiuto e l’assunzione di responsabilità; ritorna la speranza e la capacità di porsi degli obiettivi per il futuro.
  • Fase di ricostruzione: vi è un recupero dei rapporti sociali e dell’attività lavorativa, la progettualità aumenta e viene abbandonata l’idea di voler ottenere tutto e subito.
  • Fase di crescita: il pensiero del gioco viene via via abbandonato sempre più, adotta uno stile maggiormente introspettivo e consapevole dei propri bisogni ed in grado di ammettere le proprie debolezze.

Risolvere il problema del gioco d’azzardo è possibile. Accanto alla psicoterapia troviamo anche soluzioni che, sebbene non vadano alla radice del problema per sradicarlo, possono essere comunque di aiuto nell’immediato e nel quotidiano. Una di queste è la figura dell’amministratore di sostegno il quale si trova a gestire il denaro del giocatore per mettere subito un freno ad una situazione che è sfuggita di mano.

La patologia ha le caratteristiche di una vera e propria dipendenza e si presenta con sintomi molto simili a quelli noti in casi di abuso di sostanze o alcol: le persone pensano costantemente alle giocate, fantasticando e pianificando le prossime; mentono e si adoperano ad investire somme di denaro crescenti per tenere vivo il piacere della giocata; sono facilmente irritabili quando non sono impegnati nell’attività e perdono spesso il controllo degli impulsi. Come si è detto, infatti, spesso si inizia a giocare per coprire uno stato di depressione o uno stress magari creato da una situazione economica in dissesto: l’adrenalina, l’elemento di distrazione, il senso di rilassamento e spensieratezza dato dalla prospettiva di una vincita, spostano e coprono le sensazioni di tristezza, preoccupazione, colpa, solitudine, isolamento e così via; in altri casi la dipendenza si istaura a seguito di un’emozione positiva, mai provata prima, connessa ad una vincita e a quel punto la persona ogni volta che giocherà andrà alla ricerca di quell’emozione mai provata fino a quel momento. In entrambi i casi un trattamento molto efficace è l’EMDR, che va a trattare il problema analizzando le motivazioni che hanno originato la dipendenza, comprendendo nel primo caso i vuoti che hanno portato al bisogno della dipendenza o quali emozioni positive sono mancate nell’infanzia ritrovate solo nel gioco d’azzardo.


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