I capricci dei bambini... cosa sono e come affrontarli

Perché il bambino si esprime anche piangendo e strillando. È "programmato" così per comunicare, attirare attenzione, ottenere soddisfacimento dei suoi bisogni. Forse non conosce ancora o non ha modo di utilizzare altre modalità più educate. Ma ha il diritto di essere ascoltato, compreso, soddisfatto. Il "capriccio" non è che una sua richiesta espressa in un momento di crisi, espressa nelle modalità e forme di cui dispone, proprie dell'infanzia. Bambini "tiranni" fortunatamente non esistono. Esistono bambini in difficoltà, i cosiddetti capricciosi, che tentano di spadroneggiare sull'adulto perché subiscono la mancanza di presenze attente alle loro vere necessità infantili.

Il senso comune ci dice che bizze e scatti d'ira sono normali - cioè previsti - in determinate età (in genere dai 2-3 anni), che poi scompaiono durante la crescita. Se si sceglie questa interpretazione, il genitore non deve fare niente di particolare, vista l'inevitabilità di tali comportamenti: dunque ignorarli, per quanto possibile, e mantenersi fermo sulle proprie regole. Tanto quando il bimbo sarà più grandicello, abbandonerà questi modi stravaganti di reagire. Alcuni metodi educativi si fondano proprio sullo spauracchio del capriccio e del vizio. "Non si deve cedere", "si deve lasciar piangere", "le regole sono regole e vanno imposte anche ai più piccoli"... La lista è lunga.

Ma, forse, il capriccio può essere interpretato in un modo diverso mettendosi nei panni del piccolo. Un bambino intrattabile e dispotico è generalmente stanco, annoiato, insoddisfatto, spesso perché costretto in luoghi, situazioni, compagnie, giochi non adatti a lui. Se insiste fino allo sfinimento nel volere una cosa, sta probabilmente cercando attenzione. Quando si ostina a non fare quello che gli viene richiesto è quasi sicuramente immerso nei suoi pensieri, giochi, oppure sta esprimendo la sua difficoltà a fare quella cosa, a separarsi da qualcuno, a entrare in relazione con altri. Spesso urla e pianti sono espressione di tensioni raccolte nel clima familiare o di difficoltà a stare in regole troppo strette. Alle volte può essere che il capriccio sia "offerto" inconsciamente dal bambino per attirare la tensione su di sé ed evitare questioni tra la coppia, ci sono sempre dei motivi.

La vera novità che ci ha regalato sul modo di intendere l'educazione, mettendo il bambino e le sue esigenze al centro dell'interesse.

 

Niente ricette comportamentali. Ogni bambino, ogni genitore e ogni rapporto tra i due, devono poter conservare la propria unicità Se il bambino si sente dire continuamente no a tutto, non potrà che difendersi col rifiutare tutto, in blocco e d'abitudine. A conti fatti sono molti di meno i "no" di un bambino dei "no" dei genitori. Invece dovrebbero essere almeno pari, perché se i genitori hanno spesso le loro ragioni, non dimentichiamo che di ragioni ne ha anche il bimbo".

 

I capricci sono intesi come le manifestazioni incomprensibili che talvolta i bambini mettono in atto… Incomprensibili oppure che richiedono all’adulto di fare qualcosa che non vuole fare… E quindi sono capricci di quel bambino… In questa parola sono racchiusi tanti di quei comportamenti che è difficile specificare, ma diciamo che viene usato questo termine molo spesso, ogniqualvolta il bambino non va incontro a ciò che si aspetta l’adulto… Il bambino fa capricci quando si mette a piangere per fare una cosa, per avere degli oggetti, un cibo proibito, quando protesta perché non vuole andare a dormire, quando non vuole accontentare

delle richieste dei genitori… Il non pensarli come capricci cambia il punto di vista insomma… pensarli come capricci significa pensare “Mia/o figlia/o si sta comportando così per farmi un dispetto, per complicarmi la vita, solo perché è cattiva/furba/manipolatrice e non ha ragioni valide per farlo, quindi devo liquidare la cosa dall’alto in basso, perché dietro non c’è nessun senso da capire”. Se invece si cambia il punto di vista, e si pensa che tutti i comportamenti dei nostri bambini hanno un significato ben preciso, hanno un senso, e anche se noi non lo capiamo loro vogliono dirci qualcosa, beh le cose cambiano… Quello che ho imparato finora è che i bambini sono bravissimi a comunicare, fin da piccolissimi, e purtroppo siamo noi che spesso non vogliamo/possiamo capire… Mica perché siamo cattivi, ma a volte per stanchezza, a volte per altri pensieri che abbiamo in testa, e per mille altri motivi anche molto validi… Ma i nostri bimbi sono lì che ci stanno dicendo che hanno bisogno di noi, che sono stanchi, che hanno voglia della nostra completa attenzione, che si sentono messi da parte anche solo perché abbiamo fatto 3 telefonate, che vorrebbero qualcosa e non sanno come chiederlo… Se ci poniamo in atteggiamento di ascolto, togliendoci dalla mente che quelli sono capricci, riusciremo sempre più facilmente a capire che cosa ci sta comunicando il nostro bambino, di che cosa ha bisogno, e soprattutto cosa possiamo fare noi… Certo, ci sono occasioni in cui il pensare può venire solo dopo, magari quando c’è un pericolo e la prima reazione deve essere quella di mettere in salvo il piccolo… Ma dopo si deve poter capire che cosa voleva dirci nostro figlio, perché un senso c’è sempre, anche quando non riusciamo a capirlo…

 

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