Affido familiare: la continuità è benessere

L’affido familiare è un provvedimento temporaneo per bambini e ragazzi che vivono una situazione di instabilità familiare, che vengono accolti presso un’altra famiglia o in una comunità per garantire un ambiente di cura e affetto. Dunque l’affidamento è inteso come una possibilità di aiuto e sostegno per il minore creato proprio nell’ottica di tutelare il diritto dell’infanzia.

Requisiti per l'affido di bambini

La legge n. 173 “sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare” in vigore dal 13 novembre 2015, punta l’attenzione sullo scopo e l’obiettivo dell’affido, sottolineando l’importanza della temporaneità, ma allo stesso tempo della continuità dei rapporti instaurati durante il periodo di affidamento.

L’affido, come anticipato, è una condizione temporanea in cui i minori sono accolti in un’altra famiglia sino a quando i genitori originari non abbiano acquisito delle buone capacità, attraverso degli interventi mirati, necessari a garantire un futuro sereno ai figli. La durata prevista dalla legge 184/1983 prevedeva un periodo di affido di 24 mesi, con eventuali proroghe, nel caso in cui non si fosse ripristinata in maniera positiva la situazione familiare originaria. Questo è quello che ci si auspica, sono gli ideali su cui si basa l’affido, ma i dati riportati dalla Senatrice Rosanna Filippin nel Rapporto finale 2011 dell’Istituto degli Innocenti mostrano una realtà differente: il 60% degli affidamenti superano la soglia dei due anni e numerosi casi hanno riscontri negativi e il minore è dichiarato adottabile. Secondo il vecchio schema di legge 184/1983 quando ci si spostava sul versante dell’adozione, il minore veniva accolto da una terza famiglia. Ma trattandosi di tutela e diritti dei minori bisogna tenere bene in mente come un affidamento prolungato possa creare dei legami affettivi tra la famiglia affidataria e il bambino accolto e fronteggiare una nuova separazione potrebbe creare ulteriori traumi.

Alla luce della complessità in materia di affido, la legge 173/2015 ha apportato delle modifiche interessanti. Dispone che in una situazione di affido prolungato in cui la famiglia d’origine non risulta idonea e il bambino viene dichiarato adottabile, se la famiglia affidataria ha i requisiti stabiliti dalla legge, può fare richiesta di adozione. L’innovazione introdotta dal nuovo comma 5-bis dell’art.4 prevede che sia comunque tutelata la continuità delle relazioni socio-affettive positive instaurate durante l’affidamento, anche qualora il minore fa rientro nella famiglia d’origine. Questa modifica ha un’importanza cruciale nel salvaguardare lo stato psicosociale del minore che si trova in una situazione di disagio.

Quello che più entusiasma dello schema di legge 173/2015 è che si voglia tutelare il minore a 360°, proteggendolo da continue separazioni per lui traumatiche che minano il sistema di attaccamento, sostenendo i legami sani e stabili che ha costruito. La continuità dei rapporti con la famiglia affidataria garantisce al bambino maggiori punti di riferimento, un legame affettivo e una fiducia consolidata, dunque un benessere psichico per il minore.

Al momento non sono stati modificati i requisiti che dovrà avere la famiglia affidataria, ossia il minore può essere affidato anche ad una coppia di conviventi o ad una singola persona. Queste caratteristiche non sono le stesse vigenti per l’ambito adottivo (coppia coniugata), questi requisiti non permetterebbero, dunque, una continuità affettiva laddove fallisca l’intervento della famiglia d’origine. Nonostante ciò si sono registrate delle eccezioni: è stata concessa l’adozione ad una persona singola, dopo un periodo di affido in cui si era instaurato un rapporto affettivo con un minore orfano di padre e madre. Questo caso è emblematico nel dimostrare l’importanza dell’unicità delle situazioni e delle conseguenti valutazioni dei giudici minorili in materia di affido, avendo come unico obiettivo la tutela del minore.

Un aspetto critico emerso riguarda le conseguenze della dilazione del periodo di affido. Come è stato evidenziato dai dati statistici, l’affidamento si conclude raramente entro il periodo stabilito dalla legge, questo ha delle conseguenze negative sulla famiglia d’origine che ha una perdita di interesse nel “mettersi in gioco”, minando l’efficacia degli interventi posti a ristabilire un equilibrio nei rapporti con il minore. Un ulteriore conseguenza del protrarsi del periodo d’affidamento sono le controversie che si creano tra famiglia originaria e famiglia affidataria. A tal proposito risulta importante un lavoro attento e preciso, nel rispetto dei tempi prestabiliti per salvaguardare la sensibilità, l’equilibrio e il benessere di tutte le figure coinvolte e in primo luogo il bambino in questione.

 

A cura della dott.ssa Mara Giani e della dott.ssa Federica Ciccarese

 

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